domenica 17 novembre 2019

CONTROL, PS4




TRIP DISTOPICO



“Distopia” è l’esatto opposto della parola “utopia”, intesa come il luogo dove tutto è come dovrebbe essere. Distopia è invece un luogo del tutto spiacevole e indesiderabile. 

Parto da questa definizione perché il gioco che più mi ha ricordato Control è quel diamante grezzo che risponde al nome di Bioshock, storia di un incredibile viaggio in una città utopica situata nelle profondità degli abissi, nominata Rapture. Questa metropoli rappresentava appunto un’utopia ma non tanto perché si trovava a migliaia di chilometri sotto il livello del mare, in pieno oceano Atlantico, ma bensì per la filosofia su cui era stata concepita, che inneggiava alla libertà di espressione in qualsiasi ambito sia umano che scientifico. E’ vero tuttavia che il confine tra utopia e distopia spesso è labile e frequentemente rappresentano le due facce di una stessa medaglia. Il fatto è che in Bioshock è l’utopia a divenire distopia mentre in Control nasci e muori distopico!

Insomma il concept del gioco è quantomeno originale e bizzarro e sceneggiature di questo genere corrispondono solitamente a autori di un certo livello. E in effetti in questo caso stiamo parlando di Sam Lake di Remedy, autore di Alan Wake e Quantum Break per Xbox. Remedy sono inoltre gli stessi di Max Payne e scusate se è poco... Parliamo cioè di un gioco “griffato” come Ken Levine aveva firmato Bioshock.

Un inciso: ringrazio mio fratello Mauro per avermi segnalato questo titolo di cui praticamente non avevo sentito parlare forse perché non pubblicizzato a dovere dal produttore, la “505 games”.

Il gioco è quanto di più claustrofobico (è interamente ambientato all’interno di un unico edificio, la Holdest House che vanta collegamenti con piani paranormali e non vedrete MAI la luce del sole), deviante (avrete a che fare con ex colleghi di ufficio manipolati e trasformati dall’Hiss, l’entità nemica), onirico (a tal riguardo cito le scene di intermezzo al “Motel Oceanview”!), assurdo (in un paio di missioni secondarie vi troverete ad affrontare nientemeno che un “frigorifero” e un “semaforo”!) e tetro (i rumori dei macchinari che pervadono il gioco fanno accapponare la pelle). E’ un titolo che non fa nulla per mettere psicologicamente il giocatore a proprio agio trasportandolo in una realtà parallela in cui il confine tra reale e paranormale è estremamente labile. Sam Lake ha dato veramente il meglio di sé per scrivere la sceneggiatura di quest’opera ludica che ahimè non spicca definitivamente il volo solo per motivi di budget. La realizzazione tecnica non è niente male (basti solo pensare che grazie ai poteri che pian piano acquisirà la protagonista, Jesse Faden, potrete far levitare e distruggere pressoché ogni elemento presente nel gioco) ma il livello di dettaglio generale non è al top considerando che siamo ormai alla fine di questa generazione di console, per cui ci si poteva aspettare sicuramente qualcosa di più. Non aspettatevi boss battles maestose. I boss veri e propri in realtà sono 4 e fruttano ciascuno un trofeo. Solitamente la sfida giunge al termine di una missione secondaria normalmente più lunga delle altre. Si tratta solitamente di personaggi umani modificati con poteri superiori a quelli dei normali nemici (Essej e mr. Tommasi) o di entità più o meno mostruose (Muffa-1 e l’Ancora) ma mai di dimensioni esorbitanti sullo schermo.

Detto questo il gioco ha un’anima assolutamente action (è uno shooter in terza persona) e vi divertirete un mondo a eliminare qualsiasi ostacolo vi si porrà davanti per impedirvi di perseguire il vostro obiettivo: ritrovare vostro fratello rapito dalla Federal Bureau of Control per essere analizzato (sia lui che la sorella avevano in effetti acquisito dei poteri soprannaturali quando erano bambini, dopo essere entrati in contatto con Polaris, una forza paranormale). L’azione di gioco è a tratti davvero furiosa con decine di oggetti volanti sullo schermo con tanto di razzi sparati dai soldati “modificati” che una volta acquisito un certo potere potrete rispedire al mittente in maniera estremamente spettacolare! Piacevole l’impennata di difficoltà nella parte finale per cui sarete obbligati a miscelare sapientemente le “mod” recuperate sul terreno di gioco per potenziare l’arma di ordinanza e i poteri soprannaturali. Non particolarmente longevo, mi ha comunque intrigato al punto di platinarlo. Al di là della realizzazione tecnica, buona ma non ottima, soprattutto per i cali di frame rate nelle sequenze più concitate (nulla che comunque vada a inficiare una valida esperienza di gioco) un altro appunto che vorrei muovere è l’eccessiva quantità di collezionabili da raccogliere (documenti cartacei, filmati, registrazioni audio, etc) atti a svelare i segreti della Holdest House che, se da un lato denota l’impegno assoluto dell’autore nel voler approfondire la trama, dall’altro porta presto a noia tant’è che a partire da un terzo del gioco in poi ho desistito dalla loro lettura…

Per chiudere cito un trofeo che si ottiene al completamento di una missione secondaria in cui il protagonista è niente meno che uno “specchio” e che a mio giudizio rappresenta la quintessenza di Control: “Altered Manifestations May Occur”!

Voto 8.5
Il nostromo



mercoledì 2 ottobre 2019

SHADOW OF THE TOMB RAIDER, PS4


CHE BARBA... CHE NOIA...


Titoli di coda per Shadow Of The Tomb Raider, ultimo e, a quanto pare, conclusivo episodio della nuova trilogia di giochi dedicata all’avventuriera più famosa della storia dei videogiochi. 

Se nel primo episodio della serie, la giovane età della eroina con tutti i suoi gemiti e vagiti rendeva il gioco a dir poco irritante, se nel secondo episodio la componente action era troppo preponderante a discapito della componente esplorativa, in quest’ultimo episodio avviene esattamente l’opposto. Troppo spazio è stato dato a mio giudizio alla componente esplorativa (vi saranno almeno un centinaio di puzzle ambientali da risolvere) a discapito della componente action. La delusione più grande la si prova nel finale laddove mi aspettavo un tripudio di combattimenti ma al di là di numerose sequenze scriptate di sicuro effetto, il tempo dedicato effettivamente alla battaglia è esiguo e gli avversari affrontati si contano sulla punta delle dita... Lasciamo perdere anche lo scontro col “boss” finale, assolutamente poco stimolante.

Per carità, nulla da eccepire sulla direzione tecnica, trattandosi di gioco con un comparto audio e video di primissimo livello. Ma la storia in sè non entusiasma più di tanto. La parte più divertente è stata quando, a un certo punto, nella foresta amazzonica ti trovi a fronteggiare numerosi avversari in maniera stealth mimetizzandoti con la natura e utilizzando attacchi dall’alto degli alberi: davvero divertente e appagante! Purtroppo, per il resto dell’avventura il tutto scorre su un piattume generale senza picchi di interesse. Le stesse “tombe della sfida” non sono riuscite a evocarmi particolari sensazioni e ribadisco che le “tombe degli assassini” di Assassin’s Creed 2 restano irraggiungibili per il fascino che mi hanno saputo trasmettere!

Insomma, gioco spolpato più per inerzia (3 soli trofei al platino di quelli in game – uno legato ai collezionabili e due alle modalità “kill” + il trofeo legato al completamento del gioco alla modalità più difficile che sostanzialmente richiederebbe di rigiocare l’avventura dall’inizio, cosa che rifiuto di default) che per reale interesse.

Arrivederci Lara o, forse meglio, addio.

Voto 7.75
Il nostromo

domenica 1 settembre 2019

RED DEAD REDEMPTION 2, PS4


LA PERFEZIONE ESISTE!


Difficile recensire un gioco come Red Dead Redemption 2 perché si rischia di essere ripetitivi e di dire cose che sono già state scritte, soprattutto se inizi a buttar giù uno schizzo a quasi un anno dall’uscita del gioco ma, come ho già scritto altrove, ci tenevo tanto ed eccomi qui!  A questo gioco rimarrò affezionato in eterno in quanto ho iniziato a giocarlo più o meno in corrispondenza con la diagnosi fatta a mia madre di un brutto male al fegato e l’ho terminato dopo 6 mesi, praticamente in corrispondenza del suo decesso. Anche per questo motivo potrete capire il perché della riluttanza a descrivere subito le mie sensazioni sul gioco. Diciamo che mi ha aiutato a distrarmi un poco in quei mesi di vera angoscia.

Iniziamo subito col dire che se il primo capitolo venne definito da DOC Manhattan come il “primo simulatore di Clint Eastwood” qui si può tranquillamente parlare di “simulatore del West”. In realtà è ancora di più: è una simulazione di vita in tutto e per tutto. La vita ma soprattutto la morte saranno infatti le protagoniste del gioco e mai come in altri giochi vi sentirete parte di un mondo assolutamente realistico con il quale interagire praticamente al 100%. Più che un gioco è un’esperienza di vita, non scherzo. È incredibile la mole di sentimenti che questo gioco farà scaturire nella vostra anima: odio, amore, rabbia, perdono, vendetta, fedeltà, infedeltà, amicizia, gioia, sconforto sono solo alcuni che mi vengono in mente così, di primo acchito. La quantità e qualità di missioni secondarie, di personaggi non giocanti (NPG) con cui interagire, di varietà animali da cacciare o da cui difendersi, di piante da raccogliere rendono il gioco così realistico che a un certo punto crederete di essere davvero Arthur Morgan, il protagonista. A proposito, non l’avrei mai detto, ma Arthur vince a mani basse il confronto con John Marston, l’indimenticabile protagonista del primo episodio. Il motivo è presto spiegato: mentre, per vicende che capirete nel corso del secondo episodio (che in realtà è un prequel), John Marston si troverà a condurre nel primo episodio una vita tendenzialmente isolata nella fattoria, a contatto con moglie e figlio per aiutare il prossimo e integrarsi nella nuova America ripulita dai cow-boys (da cui il titolo “Redemption”), il protagonista di questo secondo capitolo, Arthur Morgan tesserà rapporti con tutti i membri della banda di appartenenza (capeggiata dal bivalente Duch Van der Linde) ma tali rapporti, nel corso della trama, saranno estremamente mutevoli proprio per dinamiche intrinseche alla banda e a causa dei diversi tratti caratteriali dei vari componenti della stessa, tratti assolutamente credibili e perfettamente definiti come in un’esperienza “real life”. Insomma, questo gioco è di una profondità inimmaginabile e davvero un plauso va fatto ai fratelli Sam e Dan Houser di Rockstar Games per la qualità di “scrittura”. Credo che l’insieme dei dialoghi del gioco possano valere una sceneggiatura cinematografica ed essere usati direttamente come copione per gli attori e anche qui non scherzo! Chiaramente proprio per questo aspetto di realismo estremo inizialmente dovrete portare un po’ di pazienza: i dialoghi potrebbero risultare alquanto prolissi (io in realtà non ne ho mai saltato uno!), i personaggi si potrebbero muovere con una lentezza esasperante. Inoltre per spostarsi da un punto a un altro della mappa si dovrà usare prevalentemente il cavallo (che a sua volta va strigliato e nutrito a dovere) e non c’è santo che tenga: il percorso devi farlo tutto e se per caso durante il tragitto dovessi perdere il cavallo o malcapitatamente dovesse lasciarci le cuoia, resti a piedi! Pensate che io ho praticamente acquistato un cavallo nelle fasi iniziali di gioco che ho battezzato “Girl” (Arthur in effetti si rivolge al proprio cavallo chiamandolo “girl” o “boy” a seconda che sia femmina o maschio. Chiamando la mia cavalla “Girl” è stato come se ogni volta si rivolgesse a lei chiamandola per nome, fantastico!) e che ho mantenuto in vita fino alla fine del gioco. Vi assicuro che il livello di interazione con il cavallo è assolutamente sovrapponibile a quello che il protagonista innominato di Shadow of The Colossus instaura con il fido Arno! E anche in questo caso piangerete, ah se piangerete... Sappiate che a un certo punto comunque si sbloccheranno i viaggi rapidi (solo per l’andata eh, cioè dal campo base alla meta ma il ritorno sarà affar vostro!) per cui metà del problema “spostamenti interminabili” sarà risolto! Vi assicuro comunque che nonostante ciò, spesso ho preferito percorrere sia all’andata che al ritorno il tragitto senza scorciatoie perché sono così tante le cose che possono accadere durante il viaggio che è sempre stato molto più divertente viaggiar così che col “teletrasporto”. Parlando di spostamenti va da sé fare un rapido cenno alla mappa, di proporzioni davvero spropositate nonché capace di contenere al proprio interno un’intera città brulicante di attività come Saint Denis (con tanto di tram utilizzabili)! Tenete presente che, a un certo punto della narrazione, sempre per vicende legate al gioco e come da “liaison” tra i due capitoli, si sbloccherà la mappa del primo Red Dead Redemption che è pertanto contenuta nella nuova e occupa, così a vista d’occhio, solo il 20-25% della mappa attuale!! E non vi dico la gioia quando ripercorrerete le strade già battute nel primo capitolo ricordando magari a memoria il percorso che va da Armadillo a Tumbleweed nel New Austin! Quelle sensazioni di percorrere “territori digitali” già solcati in passato è davvero affascinante e conferisce un ulteriore aspetto di realismo al gioco. Mi ha ricordato quando in Shadow of The Colossus scoprii la mitica spiaggia bianca del finale del gioco di ICO. In epoca pre-screenshot avevo immortalato l’evento con una romantica fotografia scattata allo schermo del televisore a tubo catodico! Ecco dove il gioco è riuscito a superare il confine ludico, facendoti sperimentare la funzione psichica della “memoria”, ricordando ad esempio percorsi/personaggi del primo capitolo oppure durante lo svolgimento della nuova trama del gioco. Infatti la banda, sempre per motivi legati alla trama (sto cercando di evitare ogni possibile spoiler…), sarà obbligata a spostarsi da un punto a un altro della mappa di gioco e a costruirsi nuovi campi base dove vivere. Quando vi troverete a ripercorrere quei luoghi già vissuti nel vero senso del termine (quando vi accampate dovrete procurare cibo per la cucina, pelli per migliorare le tende, svolgere una serie di mansioni per i vari compagni di viaggio, etc), magari dopo svariate ore di gioco, la memoria degli eventi vissuti in precedenza (NB non parliamo di flashback scriptati ma di eventi da voi giocati in prima persona) vi terrà ancorati al mondo di gioco e vi farà sussultare! Questo è un elemento di assoluto realismo. Pensate alla protagonista femminile di Blade Runner, Rachael, una replicante alla ricerca della propria vera identità (umana o androide?). Al di là delle perfette sembianze umane cosa la distingueva dagli altri replicanti? La memoria di eventi passati in realtà mai vissuti ma scritti nel suo codice dal proprio creatore, il dott. Tyrell. Credo che questo sia un punto di assoluto valore del gioco in questione e che può essere solo scaturito dall’amore dei programmatori (in questo caso i fratelli Houser di Rockstar) verso il prodotto che hanno concepito. 

Per tornare alla lentezza esasperante del gioco (che credo sia, a questo punto, il vero punto debole e, nello stesso tempo, di forza del gioco nel senso che potrebbe dissuadere taluni dall’affrontare questa mastodontica opera ludica) sappiate che i dialoghi sono lunghi, numerosi e sfaccettati ma assolutamente mai noiosi. Del resto per scavare così a fondo nella personalità dei protagonisti, qualcosa dovranno pur dirsela! Per questo aspetto siamo veramente all’antitesi con il secondo capolavoro a mio giudizio di questa generazione, Bloodborne con i suoi silenzi e i suoi incubi materializzati in perfetto stile Lovercraft. Ma se ci pensate bene, il meccanismo della memoria (o forse meglio della “riscoperta”) anche qui è reso sotto mentite spoglie. Nell’opera di Miyazaki, come già descritto in recensione, quando vi ritrovate alla fine di un percorso di difficoltà inaudita a ripercorrere una strada battuta in precedenza grazie allo sblocco di un passaggio che magari avevi a vista d’occhio all’inizio del percorso ma risultava inaccessibile, non è forse lo stesso meccanismo di generazione di “ricordi”?

Sul fatto che il gioco sia emotivamente coinvolgente credo di esser stato abbastanza chiaro. Passo adesso a una veloce disamina dell’aspetto tecnico dello stesso perché, diciamocelo pure, tutte le esperienze emotive di un gioco non sarebbero nulla se non fossero supportate da una degna direzione tecnica. E qui veramente ci troviamo a livelli di dettaglio grafico/sonoro incredibili per un open world su console. Il motore RAGE di proprietà di Rockstar Games è stato spremuto fino al midollo per regalare un’esperienza audio-visiva senza precedenti per il tipo di gioco in questione e per la mole di dati da elaborare (per inciso vi segnalo che il gioco è così “pesante” che necessita di due dischi blu-ray, di cui uno solo per l’installazione!). Personalmente non ricordo di aver sperimentato durante il gioco particolari eventi di pop-up, glitches e nemmeno cali di frame rate, pur nelle sequenze più concitate. La palette cromatica è straordinaria anche perché la mappa è talmente vasta da comprendere le zone più disparate: da montagne innevate o ricoperte da selve a lande desertiche, da ambienti fluviali e lacustri a villaggi, accampamenti e città (con tutto il corteo contenutistico del West: saloon in cui mangiare, bere un goccio al bancone, pernottare o farsi un bagno di lusso, negozi di armi dove rimpinguare il proprio arsenale, farmacie, negozi di alimentari e abbigliamento, fotografi, stalle e chi più ne ha più ne metta!). Anche il sonoro è qualcosa di incredibile. Vi suggerisco di giocare il titolo con cuffie dotate di virtual dolby surround perché vi sentirete davvero all’interno del West. Vi dico solo che durante le sparatorie riuscirete anche a capire da che parte è stato esploso un colpo nemico! Niente da ridire sulla colonna sonora anche se avevo trovato molto più evocativa quella di Red Dead Redemption ad opera di Woody Jackson. Purtroppo il vinile del secondo episodio (in uscita a settembre ‘19) è andato in sold out immediatamente dopo l’apertura della prevendita mentre quello del primo episodio è reperibile online dai 500€ in su, peccato... Vi assicuro che l’immersività è tale che sentirete l’odore del fango, non scherzo! 

In ultima istanza vi vorrei suggerire di scaricare l’App “Red Dead Redemption 2” che ho trovato molto utile soprattutto quando devi muoverti a cavallo (cioè sempre...) in quanto mostra in diretta i tuoi spostamenti sulla mappa o per tenere il conteggio delle attività svolte che sono praticamente infinite. Credo di avere spolpato il gioco a sufficienza ma vi assicuro che il platino è un’impresa titanica per cui ho desistito. Tenete presente che in circa 100 ore di gioco in cui ho completato tutte le 107 (!) missioni della storia principale oltre a innumerevoli missioni secondarie (non ricordo inoltre quanto tempo ho trascorso a zonzo per l’immenso mondo di gioco magari accampandomi con tenda e cavallo o riposando in qualche locanda prima di riprendere il viaggio o quanto tempo ho passato per andare a caccia di animali di tutti i generi e di quelli “leggendari”) ho ottenuto solo il 48% dei trofei, giusto per farvi capire quale sia la difficoltà per ottenere il massimo trofeo in questo gioco (trofeo “leggenda del West”, 0.1% degli utenti, stessa percentuale di Gran Turismo, platinato dal mitico Roberto Gandini!).

In conclusione: qui siamo ben oltre il semplice “gioco” ma abbiamo a che fare con un’esperienza videoludica che per caratteristiche artistiche non ha precedenti e che si pone come nuovo punto di riferimento per gli open world. Personalmente non riesco a trovare difetti a questo prodotto. Forse lo deve evitare solo chi è “allergico al Far West” (un po’ come io sono allergico alle “americanate” in stile GTA - giusto per citare la blasonata serie videoludica dello stesso produttore che ha raccolto voti magnificenti ovunque ma alla quale io non darei più di 7...) o chi ha troppo poco tempo da dedicare a questo fantastico passatempo digitale.

Voto 10
Il nostromo

sabato 3 agosto 2019

DAYS GONE, PS4


MOLTO ACTION, POCO SURVIVAL...


Titoli di coda per Days Gone, ennesima esclusiva Sony nonché nuova IP ad opera di Bend Studio, autore della serie Syphon Filter per PS 2/3 e del fantastico Uncharted Golden Abyss, il primo nonché insuperato gioco per l’ormai defunta PSVita.

Il titolo è un open world del genere survival horror con molti elementi "action" a discapito della componente "stealth" e “survival”. Questo lo trovo un grosso difetto del gioco. Laddove The Last Of Us (giusto per citare l’altra esclusiva Sony con la stessa tematica) ti faceva vivere nel terrore di non aver a disposizione materiali da racimolare nel mondo di gioco per curarti o combattere i mutanti, qui in realtà hai così ampia disponibilità di munizioni, bende, disinfettanti, etc. che è praticamente impossibile restarne senza. In poche parole: manca la componente  "suspence" che in questi giochi dovrebbe esserne l’essenza. Stesso discorso per il carburante della moto. Saprete che una delle caratteristiche peculiari del gioco è che il protagonista è un motociclista e che ovviamente la moto è sottoposta a usura; essa andrà riparata con rottami che potrete prelevare da altre autovetture, motociclette o al suolo (fantastica a tal proposito la frase soventemente pronunciata dal protagonista: “un rottame è per sempre!”) altrimenti diventerà inutilizzabile. Ebbene: in tutto il tempo di gioco mi è capitato una sola volta di restare a secco di benzina ma questo avvenimento, che avrebbe dovuto incutere il terrore di restare alla mercé dei mutanti, in realtà è stato prontamente risolto dal reperimento di una tanica di benzina a poche centinaia di metri di distanza dal punto in cui mi ero fermato! Il tutto ovviamente a discapito della componente “suspence”. Insomma, più che un “survival horror” definirei Days Gone un “action horror”.
Per continuare la disamina sulle pecche del gioco vi segnalo l’ottusità dell’intelligenza artificiale dei nemici. Incredibilmente appaiono più intelligenti “i furiosi” (ovverosia gli infetti) rispetto agli umani (di milizia, anarchici e predatori). Spesso capita di appostarti a pochi passi da uno di questi avversari (non di spalle!) senza essere scoperto. Se non altro gli infetti si comportano coerentemente da zombie (non ti aspetti da tali personaggi una benché minima forma di sapienza) ma gli antagonisti umani sono davvero imbarazzanti nella loro beceraggine. Anche in questo caso vorrei invece ricordare l'elevatissima I.A. dei mutanti di The Last Of Us (vi cito solo un nome che mi fa ancora raggelare il sangue nelle vene: Clicker!).
Altri difetti sono invece squisitamente tecnici e riguardano alcune compenetrazioni poligonali e frequenti effetti di pop-up, la numerosità dei caricamenti e la necessità di una cut scene fissa quando giungi nel punto prestabilito per iniziare una nuova missione. In buona sostanza, che tu ti trovi a piedi o in motocicletta, di giorno o di notte, una volta raggiunto un checkpoint, parte in automatico la solita sequenza scriptata con Deacon che arresta la propria motocicletta, rigorosamente di giorno, con inquadratura che dal protagonista si porta  verso il cielo a visualizzare il transito veloce delle nuvole (effetto time-lapse) come a dimostrare lo scorrere del tempo. Mah, questa proprio non l’ho capita... Qui purtroppo siamo ad anni luce di distanza dal nuovo punto di riferimento per gli open world che è quel gioiello di Red Dead Redemption (dove vi è un granitico continuum spazio-temporale) che ho terminato a marzo e alla cui recensione vorrò dedicare il tempo che merita.

Fatte queste premesse è innegabile che il gioco possegga anche numerosi pregi. Innanzitutto è divertente e lo è proprio grazie alla sua anima action. Vi divertirete un mondo a girare per l’Oregon con la vostra motocicletta completamente customizzabile (da una specie di "Ciao" della Piaggio si trasformerà nel corso della storyline in una vera e propria macchina da guerra!) per completare le varie missioni che vi richiederanno i sopravvissuti umani raccolti in accampamenti recintati per difendersi dagli infetti. Anche gli amanti delle scene “splatter” saranno sicuramente soddisfatti in quanto il gioco è certamente piuttosto violento e a tratti davvero crudo (numerose le mutilazioni che recherete agli infetti e vi basti sapere che per guadagnare crediti negli accampamenti nemici dovrete consegnare le ”orecchie” raccolte dagli infetti). La trama anche se piuttosto scontata e priva di colpi di scena (tranne il finale segreto che introduce il secondo episodio della serie) è assolutamente convincente. Le personalità dei personaggi principali sono ben delineate e il protagonista, Deacon St John, è uno dei meglio caratterizzati dell’attuale generazione videoludica.
Insomma, pur con tutti i suoi difetti, questo gioco mi ha preso così tanto che sono riuscito a platinarlo. Nulla di impossibile, anzi. Come direbbe il Messia: “Basta giocarci...”. Sotto questo aspetto mi sembra che Sony, con le ultime produzioni, consenta il raggiungimento del trofeo più prezioso senza troppe difficoltà come per spronare l’utente a “spolpare” il più possibile i propri titoli first party. I vari Horizon, Spiderman e God Of War sono assolutamente sovrapponibili sotto questo aspetto. Altro fattore positivo è quello relativo al comparto grafico, sempre ad ottimi livelli considerando ovviamente che trattasi di un open world. Il dettaglio grafico è certamente inferiore ad Horizon Zero Dawn (ma sappiamo che i Guerriglia sono inarrivabili dal punto di vista tecnico essendo secondi, a mio parere, solo ai Naughty Dog) ma è sicuramente all’altezza e forse anche superiore a quello di Spiderman (non valido il paragone con God Of War in quanto, in quest’ultimo caso, non si può parlare di open world nel senso stretto del termine…).
Ma il vero punto di forza del gioco sono le orde, cioè gruppi di infetti (se ne possono contare fino a 500!) che vagano per il mondo di gioco nelle ore notturne annidandosi di giorno nelle fosse comuni. Qui sì che qualche brivido lo provi, soprattutto quando le incroci malauguratamente all’inizio del gioco con il personaggio non potenziato quando cioè non ha la vitalità, la stamina e soprattutto le armi adeguate a fronteggiarle. Peculiare anche il fatto che la posizione delle orde (sono una trentina in tutto) venga segnalata sulla mappa solo alla fine della storia del gioco, come a dire: ragazzi, il divertimento comincia adesso! E in effetti è proprio così perché la battaglia contro un’orda particolarmente numerosa (molte in realtà sono esigue per numero e facilmente fronteggiabili, sempre con le armi adeguate ovviamente) richiede attenta pianificazione strategica, ampia disponibilità di armi, scorte di medikit e di potenziatori di stamina. Impressionante la seconda orda obbligatoria del gioco, quella nascosta nella segheria: provare per credere!

In conclusione Days Gone è un prodotto che pur non portando nulla di nuovo nel panorama videoludico (fatta eccezione per la scelta del "motociclista randagio" come protagonista e per le orde) riesce ad intrattenere l’utente grazie a un sapiente mix di “azione & zombies”! Il difetto è che purtroppo tutto scorre troppo liscio senza particolari impennate emotive o di gameplay. Le orde sì che sono una novità assoluta in ambito videoludico tanto da assurgere a ruolo di vero fiore all’occhiello del gioco.


Voto 8.5
Il nostromo

domenica 5 maggio 2019

DARKSIDERS III, PS4



IL TALENTO NON SI COMPRA...


Titoli di coda su Darksiders III, ultimo ma non conclusivo capitolo (almeno così sembrerebbe dal finale del gioco) della saga videoludica dedicata ai Cavalieri dell’Apocalisse, ideato dagli ex Vigil Games (ora Gunfire Games), già autori dei precedenti due capitoli della serie.

Inizio subito col dire che dei tre capitoli quello che mi è piaciuto di più resta decisamente il primo, vuoi perché nel team ai tempi figurava un certo Joe Madureira, vuoi perché il personaggio di Guerra è sicuramente più affascinante di Furia (e Morte). C’è inoltre da sottolineare il basso budget di cui disponevano i Gunfire per questo prodotto per cui il livello grafico generale appare decisamente sottotono nonchè alquanto datato (mia figlia vedendomi giocare ha esclamato: “Skylanders??”. E tenete presente che non ho giocato ad alcun episodio di Skylanders su PS4...)

Tuttavia, questi ragazzi ci sanno davvero fare coi videogiochi per cui tappandosi accuratamente il naso per quanto riguarda il lato meramente grafico, per il resto ci troviamo di fronte a un titolo decisamente solido e vario nel gameplay. Come al solito è il level design a sorprendere, con tutta una serie di aree di gioco non accessibili inizialmente ma che potranno essere raggiunte in un secondo momento con l’acquisizione di particolari poteri o armi da parte di Furia, la protagonista (tra i vari poteri acquisiti vi segnalo che quello del magnetismo è davvero ben realizzato!) In effetti il punto di forza dei Vigil Games è sempre stato il non essere in grado di inventare nulla di nuovo ma di rielaborare ciò che già esisteva in ambito ludico in maniera intelligente. Ricordo che amai il primo Darksiders perché era un misto tra God Of War, Metroid e Zelda! Ecco, in questo episodio, i programmatori vi hanno messo pure una “spruzzata” dei “souls”! E in effetti, portare a termine la missione, non sarà assolutamente facile e bisognerà armarsi di santa pazienza per avere la meglio dei numerosi avversari che compariranno sullo schermo e che converrà affrontare uno per volta in perfetto stile “souls” (ovviamente piuttosto annacquato). La “schivata” la farà insomma da padrona, si era capito... Come dicevo, un fiore all’occhiello della produzione è il level design: in questo episodio, in maniera molto più accentuata rispetto agli altri due capitoli, avremo tutta una serie di passaggi segreti da sbloccare da inizio a fine livello con possibilità di salvataggio in corrispondenza del demone Vulgrim (ebbene sì c’è ancora lui, il famoso mercante di talismani!) che spesso sarà collocato proprio in prossimità del boss (uno dei 7 Peccati Capitali da eliminare) in perfetto stile souls-like. Gli scontri con gli stessi boss risultano divertenti, appaganti ma mai frustranti. Per quanto riguarda la trama c’è veramente poco da dire in quanto assolutamente superficiale. Non particolarmente entusiasmante la colonna sonora mentre un plauso va sicuramente agli effetti audio in game che consentono di calibrare perfettamente le schivate (ad esempio sincronizzandoci col sibilo di una sciabolata di un demone), di scoprire tesori in aree segrete o esseri umani che chiedono aiuto e spesso sono nascosti da macerie o altre barriere che non consentono la loro immediata visualizzazione. Nel mondo di gioco gli umani da salvare sono 20 ma mi sono fermato a 19... L’ultimo era proprio nascosto bene, accidenti!

In conclusione un gioco assolutamente onesto, firmato da un gruppo di programmatori talentuoso che mi auguro nel prossimo capitolo possa avere a disposizione un budget da tripla A. Se così fosse (e con un pizzico di originalità in più) i redivivi Gunfire potrebbero regalarci davvero un capolavoro!

Voto 8
Il nostromo

venerdì 19 aprile 2019

DEVIL MAY CRY V, PS4



QUELLA "V" NON STA PER "5"...


Titoli di coda su Davil May Cry V, ennesimo ottimo titolo sfornato da una rinata Capcom!

Si dice in giro che il gioco non sia all'altezza di Bayonetta ma questo è ovvio anche perché in regia non c'è più da tempo il geniale Hideki Kamiya che in questo momento starà concependo il terzo episodio della serie dedicato alla Strega di Umbra...

Detto questo, il gioco si fa apprezzare innanzitutto perchè non si prende troppo sul serio e poi per la scarsa longevità! Sembra un controsenso ma vi assicuro che dopo 5 mesi trascorsi a giocare a Red Dead Redemption 2 avevo proprio bisogno di un gioco scanzonato, fruibile e immediato ed in effetti così è stato.

Di questo gioco ho apprezzato sicuramente la grafica (davvero stupendo il colpo d'occhio lasciato dal RE Engine di Capcom, il nuovo motore grafico che da' sicuramente il meglio di sé nelle espressioni facciali, davvero stupefacenti!), il gameplay variegato (a parte le innumerevoli armi e tecniche di combattimento disponibili e sbloccabili, ci troveremo a condurre alternativamente 3 personaggi durante il gioco: Dante, Nero e il misterioso "V") e il fantastico intreccio della trama per cui le vicende dei 3 protagonisti si svolgeranno su piani paralleli (e su continui flashback) fino alla favolosa conclusione in cui li avremo tutti quanti nella stessa scena (in questo mi ha ricordato un po' quel gioiello che è stato NieR Automata).

Certo, manca quell'arroganza decisamente sopra le righe di Bayonetta, il suo gameplay tecnicamente prodigioso e appagante, l'ironia delle scene oltre l'inverosimile (qui si arriva all'inverosimile ma con un'ironia un po' scontata...), gli scontri interminabili coi mega-boss, insomma, manca il genio di Kamiya ma state certi che anche questa produzione saprà intrattenervi e divertirvi per tutte le 15 ore circa di durata. E davvero mi auguro che Capcom sappia continuare nel solco di questa nuova via (RE VIII e remakes vari, Monster Hunter World, etc) perché è una "major" di quelle storiche e dispiaceva per la mediocrità nella quale stava sprofondando.

Attendiamo pertanto con piacere il prossimo capitolo "VI" (che non corrisponderà a un numero neanche stavolta...).


Voto 8.25
Il nostromo