
IL SOLE SORGE A ORIENTE!
Titoli di coda per Black Myth: Wukong, il primo gioco tripla A per PC e console domestiche “Made in China” a essere distribuito su larga scala, pubblicato dalla software house Game Science nel 2024. Il gioco è stato acclamato dalla critica e dal pubblico raggiungendo il numero spropositato di 25 milioni di copie vendute (credo che detenga il primato di maggior numero di copie vendute nel minor tempo dall’uscita). Il gioco è ispirato al romanzo classico cinese “Il viaggio in Occidente” risalente alla fine del XVI secolo, che narra nei primi capitoli, la storia di una scimmia antropomorfa resa edotta da un saggio sulla via dell’immortalità. Il potere acquisito gli conferirà la capacità di diventare re delle scimmie e di assoggettare i regni limitrofi. Tuttavia la sua tracotanza la spinge a volere di più e desiderando di diventare un dio. L’imperatore di Giada, infastidito dalle sue richieste, prova a catturarlo inviandogli contro degli adepti che vengono sconfitti dalla scimmia. A questo punto l’imperatore accetta la richiesta dello scimmiotto e lo nomina “Grande Saggio Pari del Cielo" e lo chiama in Cielo ad abitare il Paradiso. La scimmia tuttavia, accortasi di non essere stata invitata a una grande festa celestiale insieme agli altri dei, si ciba di nascosto delle pesche celestiali (impiegano millenni a maturare e conferiscono il dono dell’immortalità) e si intrufola al banchetto sacro, ingurgitando le pillole alchemiche dell’immortalità di Lao Zi. Resosi conto di averla combinata grossa, torna a rifugiarsi sulla terra.
Questa volta l'Imperatore di Giada va su tutte le furie e manda contro di lui suo nipote Erlang che, dopo una estenuante battaglia a cui partecipano anche molte altre divinità, riesce a catturarlo e a consegnarlo al Cielo, dove viene subito condannato a morte. Questo è il prologo del gioco che in buona sostanza inizia da qui, con una battaglia contro Erlang, le milizie celestiali e le divinità maestose che riescono a strappare tutti i poteri a Wukong che precipita sulla terra. Sun Wukong, inizia quindi il suo percorso di redenzione alla conquista dei poteri precedentemente posseduti (in particolare il bastone Jingu Bang, l’armatura dorata e la capacità di volare sulla nuvola) ma soprattutto alla ricerca della via della saggezza (Tao) per diventare appunto un vero Buddha.
Non so a voi ma a me questo racconto ricorda maledettamente God Of War. La differenza è che quello di Sun Wukong è un percorso di vendetta e redenzione mentre quello di Kratos di pura vendetta. Ebbene, per molti aspetti del gioco (trama e gameplay) ho trovato in Black Myth: Wukong un nuovo God Of War (mi riferisco ovviamente ai primi God Of War, prima che il “Fantasma di Sparta” invecchiasse malamente su PS4…).
Purtroppo però per il sottoscritto la Cina rappresenta un mondo lontanissimo, non solo geograficamente, e devo ammettere che inconsapevolmente mi son fatto prendere dal clichè del “cinese di via Paolo Sarpi” tralasciando l’enorme cultura di una società millenaria che in qualche modo è stata con grande amore travasata nel gioco. Di ciò ne faccio ammenda e chiedo umilmente scusa ai pochi lettori di questo blog.
Fatte queste queste doverose premesse, entriamo nel vivo della recensione. Come disse Omar Sivori ai tempi dell’Inter dei record di Trapattoni (1988-89) che all’inizio della stagione non l’aveva convinto per l’atteggiamento di gioco (troppo difensivista), salvo poi ricredersi con l’evolversi del campionato (“Questa Inter me ha entusiasmato!” disse a Sandro Ciotti in una puntata de La Domenica Sportiva) devo ammettere che anche io ho approcciato il gioco temendo la classica “cinesata”. Ma col progredire dei vari capitoli mi sono davvero ricreduto. Al di là del comparto tecnico che da subito è risultato essere il fiore all’occhiello della produzione, con livelli di textures da far strabuzzare gli occhi (eccellente la realizzazione dei paesaggi e di tutti i personaggi sia principali che secondari nonché degli innumerevoli boss, assolutamente spettacolari; per non parlare delle cut scenes davvero sbalorditive ed esaltanti!), è il perfetto mix tra gameplay e bilanciamento a elevare il gioco a top di gamma. L’immediatezza data dalla modalità di combattimento mi ha infatti riportato ai fasti dei primi God Of War (uno dei miei videogames preferiti) senza che sia stato percepito dal sottoscritto alcunché di derivativo. Il colpo ripetuto col bastone che termina col colpo caricato in salto mi ha dato la stessa gratificazione della combinazione “quadrato-quadrato-quadrato-triangolo” di GOW con le Lame del Caos! Ovviamente qui le possibilità di attacco sono decuplicate, visto che a parte pose differenti per lo stesso tipo di bastone potremo utilizzare anche magie, trasformazioni, etc. etc.
Proprio per questi aspetti del gameplay (da vero e proprio hack and slash!) vorrei mettere in chiaro una cosa una volta per tutte: NON si tratta di un souls-like. Assolutamente no. Questo è un action-GDR con spiccata componente action (se vogliamo sulla falsariga di Stellar Blade ma non vorrei risultare offensivo…). La difficoltà è da souls? In realtà è così alto il bilanciamento del gioco che raramente ti troverai a imprecare per non essere riuscito a sconfiggere un boss o un mini boss. Se la sfida risultasse chiaramente impari (accadrà in totale al massimo 2-3 volte nel corso della storia) vuol dire che hai ancora da migliorare le tue statistiche o l’armamentario o che ti manca qualche amuleto per rendere la boss-fight più approcciabile. Segnalo a riguardo un grande vantaggio offerto dai programmatori nel superare avversari a prima vista insormontabili, e cioè il respec illimitato delle proprie abilità, in modo da adeguare le caratteristiche d’attacco e difesa di Sun Wukong al nemico di turno.
L’armamentario è davvero infinito! Si contano decine di bastoni e armature ciascuno con le proprie peculiarità! Per non contare la quantità di amuleti e miscelabili da utilizzare nel nostro fiasco rigenera-salute. E finalmente c’è una correlazione tra tipologia di armi e manufatti e il loro effettivo utilizzo su un determinato tipo di nemico. Spesso nei souls mi ritrovo a possedere decine di oggetti per poi usarne 4-5 a ripetizione. Qui no, proprio grazie al perfetto bilanciamento di gioco. Il problema è che nella maggior parte dei casi, questi “potenziamenti” si trovano in aree segrete o compiendo delle azioni che non sono facilmente intellegibili. Per questo motivo ho dovuto ricorrere a guide online per evitare che il gioco diventasse troppo frustrante (senza alcuni cimeli credo che particolari boss sarebbero stati davvero ardui da battere). Ecco, forse l’unico punto in comune coi souls è proprio questo. Se poi penso che la mappa dei 6 capitoli che andrete a visitare è stata aggiunta con una patch a distanza di qualche mese dal rilascio del gioco, posso capire la frustrazione dei primi gamers che hanno approcciato questo gioco e che lo hanno etichettato come souls, probabilmente solo in quanto modicamente “difficile” o “oscuro”.
Quindi ribadisco che il punto di forza è la vivacità del gameplay e il divertimento che ne consegue. Vi troverete una miriade di boss e mini-boss da affrontare (credo se ne contino 81), con una cura nel design spettacolare. All’inizio si resta un po’ stupefatti dalla loro numerosità e vi verrà spontanea l’esclamazione “e che cazz… un altro boss??” ma poi ci farete l’abitudine. Alcune bossfight sono superlative: quella contro Ciglio Giallo resterà agli annali per la grandiosità dello scenario (all’inizio combatti in un fiasco, poi in un tempio in miniatura come se fossi una statuina del presepe!); la Grande Pagoda mi ha ricordato la Prigione della Speranza di Demon’s Souls, davvero inquietante e tetra; l’Antro delle Ragnatele è ripugnante al punto giusto. In ogni capitolo avremo un NPC diverso ad accompagnarci: tutti sono ottimamente caratterizzati ma il migliore per me è quello del capitolo 3: Lingji Bodhisattva, il Monaco Senza Testa, che è un personaggio relativamente minore in "Il viaggio in Occidente", ma in Black Myth: Wukong, gli viene attribuita una significanza simbolica più profonda. Nel gioco, Lingji Bodhisattva rappresenta la perdita e il dolore della privazione. Secondo la storia, ha subito una disgrazia sulla Montagna Huangfeng, dove la sua testa è stata rubata da un demone ratto, che poi l'ha usata come contenitore per la propria pratica spirituale. Questa narrazione non solo riflette la situazione del Bodhisattva, ma serve anche come metafora per temi culturali e storici più ampi. In Black Myth: Wukong, la storia di Lingji Bodhisattva risuona con la storia moderna cinese, suggerendo il dolore del declino nazionale e della perdita dell'eredità culturale (la testa della statua di Bodhisattva è stata trafugata e conservata in un museo inglese…). Nel gioco mentre i giocatori aiutano Lingji Bodhisattva a riprendere la sua testa, simboleggiano anche un viaggio di riscoperta e riflessione culturale e storica. Attraverso Black Myth: Wukong, i giocatori non solo intraprendono un viaggio avventuroso, ma acquisiscono anche una comprensione più profonda della complessità e della ricchezza della cultura cinese (cit. Reddit).
I sei mondi che esplorerete variano da foreste rigogliose a lande infuocate ad alture innevate. Quando infine raggiungerete il capitolo 6 volerete su una nuvola (ed è qui che si chiude il cerchio con Goku di Dragonball di cui Wukong è il prequel; io in realtà, avendo una certa età, preferisco citare uno dei cartoni animati della mia infanzia più remota, “The Monkey” - Gokū no Daibōken, letteralmente "Le grandi avventure di Gokū", un anime giapponese di 39 episodi, scritto e prodotto nel 1967 e distribuito in Italia nei primi anni ‘80, del quale posseggo peraltro la rara prima stampa in versione DVD (https://youtu.be/hvVSNeFTze0?si=Gbg-NMQs-IChAY96) e volteggerete su foreste lussureggianti e specchi di acqua color smeraldo! Vi assicuro che sarà un’esperienza visiva fenomenale (oserei dire da “realtà virtuale”). Inoltre, giusto per restare in argomento, il passaggio da un capitolo a un altro è preceduto da una sequenza filmata in stile cartone animato che va a spiegare la lore dello stesso, davvero ispirata e curata. Anche la colonna sonora è di grande impatto emotivo, anche se non raggiunge le vette dei compositori giapponesi che hanno impreziosito alcune opere videoludiche nipponiche.
Se proprio volessimo trovare qualche difetto potremmo ricercarlo nella sproporzione tra vastità della mappa e distribuzione della “popolazione” per cui, piuttosto spesso, vi troverete a muovervi in paesaggi dettagliatissimi ed estremamente evocativi ma senza avversari. Altro difetto è la presenza dei “muri invisibili” a delimitare le aree di gioco che danno un tocco un po’ retrò al tutto. Ma non lo scoprite certo ora che il vintage sul sottoscritto esercita un richiamo fatale, oserei dire ancestrale! Nient’altro davvero da segnalare di negativo per un gioco che, vista la penuria di nuovi titoli su PS5 (diciamo la verità, questa generazione, al momento, è la “fiera del remake”) credo avrebbe meritato a man bassa il premio di GOTY 2024.
Ho terminato il gioco in un’ottantina di ore con una manciata di trofei mancanti al platino che si sbloccano nel corso del NG+ e siccome, per la prima volta da tempo immemore, mi è davvero dispiaciuto arrivare al termine del gioco, non è detto che non affronti la seconda run per completarlo al 100%! Tra l’altro a breve uscirà il DLC per cui ci sarà ancora da divertirsi!
Insomma ragazzi, se è vero che il sole sorge a Oriente, mettetevi gli occhiali da sole perché arriva Sun Wukong! Si apre la strada per un’invasione di videogiochi cinesi sul mercato mondiale? Se questo è il livello, non vedo l’ora di farmi travolgere!
Voto 9.5
Il nostromo
Per chiudere una carrellata di immagini e video in game!