lunedì 4 novembre 2024

STELLAR BLADE, PS5




OLTRE LE GAMBE C'E' DI PIU'??


Questa è una recensione postuma nel senso che il gioco l’ho finito questa estate (quindi prima di iniziare Lies Of P) ma non ho mai avuto voglia e tempo di recensirlo. Sarà pertanto una recensione piuttosto stringata anche perché le sensazioni immediatamente successive al completamento del gioco sono ormai svanite. E anche perché non stiamo parlando di un titolo memorabile.

 

Proseguendo sulla scia dei titoli sudcoreani, ecco a voi la breve recensione di Stellar Blade, titolo action-RPG scritto da Shift Up e prodotto come esclusiva Sony per PS5. 

 

L’attesa per questo titolo era soprattutto giustificata dalle grazie della protagonista Eve (il cui corpo si ispira a una modella coreana di nome Shin Jae-eun) che venivano propagandate in tutti i trailer di presentazione. E in effetti non nego che gran parte della sua attrattiva ruota intorno ai seni e alle natiche della protagonista, dotata peraltro di ampio campionario di vestiti, costumi da bagno, acconciature e chi più ne ha più ne metta, per la gioia di noi “smanettoni”.

 

A parte questo discorso puramente ormonale, il gioco mi ha comunque discretamente intrattenuto per la dinamicità e la freschezza del gameplay tanto da arrivare a platinarlo. A riprova di ciò vi segnalo che questo è il primo gioco in assoluto per il quale compio una seconda run (necessaria al conseguimento di tutti i finali).

 

Evito di dilungarmi sulla trama che sostanzialmente vede Eve, creatura cibernetica (ma non lo scopriremo subito per cui trattasi di innocente spoiler; peraltro era impossibile che una ragazza di siffatta bellezza fosse umana!), scendere sulla terra, a partire da una colonia nello spazio, per salvarla dall’invasione e distruzione a opera di misteriose creature chiamate Naytiba. Gli uomini sopravvissuti si sono rifugiati all’interno di una città fortificata, Xion, dove resistono ancora barlumi di civiltà, negozi e attività varie. Per il resto viaggeremo in un mondo open world estremamente desolato e desertico (che a tratti mi ha ricordato il pessimo Fist Of The North Star - Lost Paradise, non scherzo), accompagnati da alcuni alleati, Lily e Adam, per risalire alle origini dei Naytiba e della stessa protagonista. E ciò che scopriremo sarà piuttosto sconvolgente ma non vado oltre per evitare pericolosi spoiler…

 

Al di là della trama che di per sè non sarebbe neanche pessima, è l’intreccio dei fatti e soprattutto la caratterizzazione dei personaggi che viene a mancare. Sembrano tutti un po’ “imbalsamati” e privi di pathos. Nonostante queste limitazioni imputabili anche alla poca esperienza del team sudcoreano (non stiamo certo parlando dei Naughty Dog!), il gioco riesce a essere divertente sotto l’aspetto del puro gameplay con ritmi dannatamente action che richiamano talvolta Bayonetta (per le natiche e la schivata perfetta), altre volte Vanquish (per il ritmo incalzante, la trama shi-fi e la superficialità generale del racconto), altre volte ancora NieR Automata (per la presenza del drone di supporto) e per taluni aspetti meramente di combat system (prendete quest’ultimo accostamento con le pinze eh…), Sekiro. In effetti a farla da padrone nei combattimenti è ancora una volta il parry (che evidentemente in Corea va via come il pane…) che se effettuato col giusto tempismo andrà a riempire una barra di instabilità del nemico che a un certo rimarrà tramortito e soggetto ad ulteriori colpi letali da parte della nostra protagonista (bla… bla… bla). Tutto ciò avrà ovviamente vitale importanza negli scontri coi numerosi boss che andremo ad affrontare e che ci daranno non poco filo da torcere. C’è da dire tuttavia che l’albero delle abilità è così ampio che ad un certo punto le nostre capacità saranno in grado di soverchiare qualsiasi avversario ci si presenterà davanti (eccetto il boss finale che è effettivamente fuori scala e mi ha dato sicuramente qualche grattacapo).

 

Ho sinceramente poco altro da aggiungere su questo titolo che sicuramente ha qualcosa da dire sotto l’aspetto puramente tecnico ma assai poco per quanto riguarda i contenuti (un'eccezione: l'ascensore orbitale, una trovata davvero geniale!). Non credo che mi cimenterò in un eventuale sequel proprio per questi motivi.

 

Preferisco pertanto lasciare il campo ad una serie di scatti in-game così che possiate ammirare anche voi le forme della protagonista, sicuramente il vero punto di forza del gioco, almeno per il sottoscritto. La più matura strega di Umbra, Cereza, resta comunque due spanne sopra per sensualità e carattere, su questo non ci piove…

 


Voto 8

Il nostromo




Ed ecco alcuni favolosi scatti in-game che testimoniano la bontà della mia recensione e di questa modella...






















sabato 2 novembre 2024

LIES OF P, PS5


 


PIUTTOSTO CHE NIENTE E' MEGLIO PIUTTOSTO...


Titoli di coda per Lies Of P, nuova IP (scusate il gioco di parole…) di Neowiz, team coreano di programmatori da sempre dediti a giochi su console portatili, peraltro totalmente sconosciuti al sottoscritto, per la prima volta alle prese con un titolo tripla A. Il gioco usa a pretesto la storia di Pinocchio del nostro Carlo Collodi per imbastire un gioco di ruolo sulla falsariga di Bloodborne in cui dovremo sostanzialmente “aiutare” Geppetto a far diventare il burattino Pinocchio un vero ragazzo in carne ed ossa in una città chiamata Krat in cui si sono diffuse due tremende calamità: la frenesia dei burattini e il morbo pietrificante degli umani.

 

Ho scritto “sulla falsariga di Bloodborne” ma in realtà il gioco è praticamente un clone del capolavoro di Miyazaki. Partendo dall’ambientazione vittoriana, stile “Belle Epoque”, alla presenza di un hub centrale, l’Hotel Krat (l’equivalente del Sogno del Cacciatore) che via via si popolerà coi vari personaggi che incontreremo tra cui Sophia, la Fata Turchina, che è il corrispettivo dell’Automa di Bloodborne, alla quale consegneremo gli Ergo (il corrispettivo delle anime) per salire di livello. Vi ritroverete come in Bloodborne ad interagire con personaggi non giocanti, i famosi NPG (la signora dietro la finestra è palesemente copiata!) che vi chiederanno di esaudire particolari commissioni. Le lampade (ovverosia i falò nei Souls) sono sostituite dagli stargazers che sono disposti in maniera piuttosto generosa nel mondo di gioco (una sola volta ho avuto molta difficoltà a raggiungere il checkpoint più vicino ma semplicemente perché non avevo visto una scorciatoia). Ecco, le scorciatoie. Il gioco è pieno di quelle scorciatoie tanto amate dal maestro Miyazaki ma, sarà perché ormai ci siamo avvezzi, non ho mai provato un vero stupore a ritrovarmi all’inizio del percorso dopo averne sbloccato una. Anche qui ci capiterà di girovagare all’interno di una cattedrale con un organo a fare da sottofondo musicale (senza tuttavia evocare anche qui particolari sussulti nel sottoscritto), anche qui avremo una zona paludosa in cui il pericolo maggiore deriverà dall’elemento veleno, una zona fatta da palafitte sospese nell’aria e così via, fino alla fine del gioco, avrete più o meno sempre a che fare con qualche elemento che vi ricorderà Bloodborne. Anche il combattimento riprende ovviamente le meccaniche di Bloodborne e dei souls: parata, schivata, colpo leggero, colpo pesante, colpo caricato e backstab sui nemici colti di sprovvista. E non mancano gli indicatori di vitalità, stamina, forza motrice (l’unica vera novità riguarda il braccio meccanico che si potenzia con questa caratteristica ma ne parleremo tra poco), tecnica e sviluppo.

 

Nonostante il gioco risulti essere spudoratamente derivativo, devo ammettere che per molti aspetti mi ha comunque attratto. Lies Of P presenta infatti delle meccaniche di combat system particolari che in qualche modo lo differenziano dal progenitore. Innanzitutto la presenza del già citato braccio meccanico (do you mean Sekiro?) che potremo attrezzare con svariate armi a nostro piacimento (il Filo del Burattino è stata la mia preferita perché consente di trarre a sè gli avversari di piccole dimensioni piuttosto che catapultarsi verso di essi o verso i nemici più corpulenti per colpirli in salto; ma anche l’Egida, uno scudo in grado di parare il 100% degli attacchi; mi è tornato utile contro qualche boss particolarmente coriaceo). Un altro elemento del gameplay che spicca è l’incentivo a usare il parry, che è ben noto essere praticamente inutilizzabile nei souls (anche in questo caso il rimando va a Sekiro). Se si risponde con tempismo perfetto agli attacchi dei nemici, questi perdono via via la stabilità fino ad arrivare a un momento in cui, se colpiti con un attacco caricato, restano storditi e possono essere ulteriormente colpiti con un colpo critico in grado di indurre un ingente danno (si attiva un’animazione automatica che varia con l’arma in uso). Anche le armi rappresentano un altro elemento di novità rispetto a Bloodborne. A parte la numerosità delle stesse, possono essere ulteriormente scomposte in lama ed elsa ed assemblate tra loro in svariate combinazioni. Io in particolare ho utilizzato per la prima parte del gioco la lama del bastone spirale elettrico montata sull’elsa del falcione potenziatore, in grado di sferrare colpi con danno elettrico (i burattini sono sensibili all’elettricità!) mentre per la seconda parte del gioco ho utilizzato quella che secondo me è la migliore di tutte, la lama del segaossa montata sul manico della spada dei rovi, anch’essa dotata di un moveset in grado di colpire gli avversari da una certa distanza con colpo caricato e di determinare una gran quota di danno fisico (contro umani e carcasse, più presenti nella seconda metà del gioco). Come in Bloodborne le armi “normali” sono “buffabili” con fuoco, elettricità e acido in modo da adattarle a svariati tipi di nemici. Altro discorso per le armi “speciali” che si ottengono scambiandole con l’ergo di un boss da determinati mercanti (Alidoro o Hugo): queste non possono essere smontate né buffate. Vi suggerisco a riguardo il Tridente del Patto col quale ho sconfitto il Burattino Senza Nome. Altra caratteristica distintiva del gioco è l’utilizzabilità degli oggetti da lancio (termiti, fluido delle carcasse, cellule elettriche, etc) che a differenza di Bloodborne in cui erano praticamente inutili (io in realtà massacrai il Chierico Belva con le bombe incendiarie ma non ricordo altri utilizzi), qui riescono a levarti d’impaccio nelle situazioni più intricate (ad esempio contro taluni boss). Le armi inoltre si logorano con l’utilizzo (soprattutto se parerete molti colpi avversari) per cui vi capiterà spesso, nel bel mezzo di un combattimento, di dover prendere una certa distanza dall’avversario di turno per riaffilare la lama con la Mola della Smerigliatrice. Questa credo sia la vera trovata originale del gioco e aggiunge molto pepe ai combattimenti!

 

E arriviamo dunque all’argomento boss: non hanno certo la magnificenza e la mostruosità di quelli del maestro ma si difendono anch’essi. Non li ho trovati estenuanti come quelli di Bloodborne anche perché è quasi sempre possibile evocare uno spettro all’entrata dell’arena della bossfight in grado di dare notevole supporto. Alcuni li ho trovati davvero ispirati come il Re dei Burattini e Laxasia La Completa. In ordine di difficoltà metterei: il Burattino Senza Nome, Simon Manus e Laxasia la Completa, che poi sono gli ultimi 3 che incontrerete. Voglio citare anche il guardiano della porta che mi ha portato via qualche try (in questo caso, essendo il nemico gigantesco ma piuttosto lento e con punti deboli localizzati agli arti inferiori, ho dovuto usare un’altra arma modificata, la lama dello stocco invernale con l’impugnatura del pugnale del tiranno per sferrare rapidi colpi ravvicinati senza consumare troppa stamina in modo da avere energia per proteggermi dagli attacchi caricati del boss per così dire “oneshottanti”!).

 

Se si parla di Souls sarebbe un errore non menzionare la lore che non è così criptica come nelle opere miyazakiane, anzi la trama è assolutamente comprensibile e viene detto più o meno esplicitamente dagli NPG ciò che devi fare per conseguire quel determinato risultato. Tuttavia, rischi di perderti qualcosa se non stai attento a ciò che “fai” ma soprattutto che “dici”. Spesso infatti il gioco vi metterà di fronte a una risposta dicotomica (una corrisponde alla verità, l’altra alla bugia) e fare la scelta sbagliata potrebbe farvi perdere per strada dei preziosi trofei. 

 

La colonna sonora è di sicuro effetto anche se non particolarmente emozionante. Inoltre nella hall dell’Hotel Krat potrete riprodurre con un grammofono una serie di dischi che recupererete durante il percorso (saranno 16 in totale). L’ascolto dei dischi è un evento che aumenterà la vostra umanità e che vi consentirà di raggiungere uno dei 3 finali del gioco (quello che definirei il lieto fine, Rise Of P). Spero che mettano in commercio la soundtrack in vinile del gioco che comprenda anche questi brani particolari.

 

Insomma la progressiva trasformazione di Pinocchio da burattino a essere umano con tanto di cambiamenti nell’espressione del viso e nella acconciatura dei capelli, è un aspetto che comunque mi ha emozionato e che caratterizza il gioco e lo rende peculiare. A tal riguardo è abbastanza emblematico il rapporto che si instaura con il gatto di Eugenie (l’equivalente del fabbro dei Souls) nella hall dell’hotel: all’inizio non si farà neanche avvicinare ma verso la fine del gioco, acquisita una grande umanità, si farà prendere in braccio e vi farà pure le fusa! Al di là di questi romanticismi il gioco è invece pervaso da un senso di tristezza e malinconia e i toni generali sono estremamente cupi. E state attenti perché questo Geppetto non è un pezzo di pane come il nostro Nino Manfredi nella storica serie TV di Luigi Comencini anche se il volto è chiaramente ispirato al grande attore romano.

 

Per concludere: Lies Of P è un souls-like per molti aspetti copia-incolla di Bloodborne ma che riesce a differenziarsi grazie ad alcune trovate di gameplay. Certamente meglio di Dark Souls 2 e di tutta la pletora di souls-like usciti in questi anni. Certamente inferiore a tutti gli altri souls. Tuttavia, considerando che il sequel di Bloodborne stenta a essere realizzato, accontentiamoci col classico “piuttosto che niente è meglio piuttosto…”

 


Voto 8.5

Il nostromo




E adesso qualche immagine tratta dal gioco, buona visione!





sabato 24 febbraio 2024

HORIZON FORBIDDEN WEST, PS5


L'EVOLUZIONE DELL'ACTION-ADVENTURE SECONDO SONY
 

Titoli di coda su Horizon Forbidden West, esclusiva Sony made by Guerrilla, il team che ai tempi veniva celebrato per la serie Killzone ma che dal lancio di questa nuova I.P. su PS4 ha creato l'open world forse più tecnico e raffinato della storia dei videogiochi. In effetti il team sì è sempre distinto per la qualità di programmazione, con livelli di grafica assoluti (quasi sempre a dettare un nuovo standard qualitativo) e un'I.A. a livelli eccelsi. Il primo Horizon riusciva a conciliare un po' tutti gli aspetti della sfera videoludica: una storia interessante in un mondo post-apocalittico (che ha sempre il suo fascino...), con protagonisti ben caratterizzati, un livello audio-visivo sorprendente e un game-play variegato fatto di un sapiente mix di esplorazione (i Calderoni ne sono la quintessenza) ed azione (le battaglie contro innumerevoli tipi di macchine con la possibilità di scansionarle, rilevarne i punti deboli e distruggerle utilizzando materiali alle quali sono suscettibili - ghiaccio, acqua, fuoco, veleno, plasma - o staccandone le componenti essenziali con le armi più disparate sono davvero la parte più riuscita del gioco).

 

Mi azzardo ad affermare che Horizon sta a PlayStation come Zelda sta a Nintendo. E cosa mancava all'avventura di Aloy così come al penultimo Zelda? L'esplorazione dei cieli! Et voilà, ecco introdotto in quest'ultimo capitolo l'override sulle macchine volanti, sicuramente la trovata più interessante della serie! Cavalcare un Solcasole e volare indisturbati sul maestoso mondo di gioco è qualcosa di impagabile (al primo link in fondo alla recensione troverete il momento del gioco in cui sbloccherete la cavalcatura volante ed un paio di  foto "in volo"). Per il resto ci troviamo sulla strada maestra (giusto per tornare coi piedi per terra) e ritroveremo tutti gli elementi distintivi del primo capitolo oltre a qualche nuovo innesto quale il reperimento di scatole nere degli aerei precipitati nel Mondo Antico, l'abbattimento di Droni in giro per il mondo di gioco contenenti informazioni precise sul biosistema delle zone che sorvegliavano, il reperimento di Antichi Manufatti all'interno delle Rovine delle Reliquie (anche in questo caso, come nei Calderoni prevarrà la parte esplorativa con una discreta richiesta di puzzle-solving) e i cosiddetti Contratti di Recupero, in cui dovremo andare a recuperare degli elementi (componenti di macchina, elementi floreali e faunistici, etc.) che devono essere restituiti ai commissionari in cambio di nuove armi o armature. Come nel primo capitolo ritroveremo ovviamente i Calderoni, per sbloccare la possibilità di override su tutti i tipi di macchina e i Collilunghi, che serviranno a sbloccare ampie parti della mappa di gioco una volta effettuato l'override sulle loro teste. Di carne al fuoco insomma ce n'è fin troppa: le missioni principali saranno infatti intervallate da innumerevoli missioni secondarie che ben si inseriscono nella trama di gioco. Altre missioni riguarderanno la necessità di liberare Avamposti o Campi dei Ribelli, sicuramente divertenti ma alla lunga ripetitive. Per allungare ulteriormente la "minestra" del gioco vi è la possibilità di partecipare ad alcune gare su circuiti costruiti su campi Tenakth (una fazione di abitanti delle terre di Horizon) montando in sella a quadrupedi meccanici così come partecipare alle Sfide della Fossa da Mischia, in cui si apprendono le tecniche di combattimento corpo a corpo, sconfiggendo, in un'escalation di prove, il Guardiano di ogni Fossa fino ad arrivare alla sfida finale con l'Indomabile, la più forte dei guerrieri. Non sto infine a citare le partite a Batosta Meccanica, una sorta di gioco di scacchi che utilizza miniature delle macchine al posto delle pedine, perché mi sono cimentato solo ai fini dell'ottenimento del trofeo relativo. Insomma, tanta carne al fuoco ma anche una certa ripetitività di fondo, tuttavia senza mai che il gioco diventi palesemente noioso. Il cospicuo numero di ore (100!) impiegate dal sottoscritto a platinarlo, certifica in effetti la bontà del lavoro svolto da Guerrilla: il gioco infatti è divertente, difficile al punto giusto e la trama assolutamente appassionante. Il mondo di gioco è estremamente vario anche dal punto di vista visivo, intervallando aree desertiche a foreste pluviali, aree montuose innevate a spiagge bianchissime con mare color smeraldo! Certo, la mappa di gioco è davvero maestosa per cui se arrivate a cimentarvi con questo gioco dopo avere appena terminato qualcosa di particolarmente impegnativo, il rischio è di rimanere paralizzati dalla mole di cose da fare con il rischio di abbandonarlo precocemente (un po' quello che accadde a me con The Witcher 3, che approcciai dopo Bloodborne e che abbandonai dopo pochi minuti di gioco...). Ma se lo vivete spensieratamente, senza alcuna fretta di finirlo, saprà regalarvi molte soddisfazioni.

 

Insomma, concludendo, un plauso a Sony per l'ennesima produzione first party di livello eccelso. Per chi come me è nato con la prima generazione di console (Atari 2600, per intenderci) non può che rimanere sbalordito di fronte ai progressi dell'industria videoludica. Nel 1984 il gioco d'azione/avventura più innovativo era Pitfall 2, di David Crane, che per creare 27 livelli di profondità (Pitfall! il capostipite, sempre dello stesso autore, era solo a scorrimento orizzontale. Vedete come la verticalità nei giochi si ripresenta nel tempo?) dovette implementare nella cartuccia un'ulteriore quota di RAM rispetto a quella fisica di 8Kb (!!) della console. Il risultato fu strabiliante per l'epoca. Ebbene, rispetto a quei giochi che tanto ci fecero sognare da bambini, qui ormai si può dire che i sogni possono quasi diventare realtà, in mani sapienti ovviamente...

 

Voto 9.25

 

Il nostromo



La prima volta di Aloy!