domenica 27 marzo 2022

DARK SOULS II SCHOLAR OF THE FIRST SIN, PS4

 




IL PRIMO SOULS-LIKE DI FROM SOFTWARE!

Titoli di coda per Dark Souls II, sequel di Dark Souls, uscito per PS3 nel 2014 e rimasterizzato nel 2015 per PS4/XOne con alcuni contenuti aggiuntivi. E’ stato il mio gioco cross-gen nel senso che l’ho iniziato su PS4 e concluso su PS5, acquistata in novembre 2021. Era anche l’ultimo capitolo della trilogia che mi restava da giocare e l’avevo lasciato volutamente per ultimo in quanto non opera diretta di Miyazaki ma di un team secondario di From Software e mi aspettavo che fosse meno ispirato degli “originali”. In effetti così è stato.


Il gioco ha un’ambientazione molto più “aperta” rispetto ai precedenti (e a dire il vero le aree di gioco che si svolgono su spazi aperti le ho sempre considerate meno evocative di quelle, ad esempio, girate nei castelli o nei dungeon sotterranei, fin dai tempi di Bloodborne) ed è per questo molto meno claustrofobico. Troverete un hub di gioco alla stregua di Demon’s Souls e Dark Souls III che si popolerà gradualmente con gli NPC che incontrerete lungo il cammino e al quale potrete accedere da subito (dopo il solito tutorial iniziale) e nel quale potrete potenziarvi o migliorare le vostre armi o indumenti. Gli altri NPC dell’hub (localizzato appunto all’aperto su un promontorio soleggiato e battuto dal vento di nome Majula) vi forniranno magie, malocchi (una delle novità del gioco), piromanzie, anelli, etc. Gli anelli, vero e proprio marchio di fabbrica dei Souls, qui sono elargiti in abbondanza ma soprattutto potete equipaggiarne fino a 4 contemporaneamente (altra differenza rispetto ai precedenti capitoli). Punto fondamentale che rende davvero unico questo gioco è il respawn limitato dei nemici in un’area: dopo che avrete ripetuto uno stesso percorso e ucciso gli stessi avversari “tot” volte (non ho mai fatto il conto ma credo a occhio e croce che siano tra le 7 e le 10 volte) questi non riappariranno più lasciando l’area tristemente e insolitamente desolata. L’intento dei programmatori credo sia stato quello di evitare un farming compulsivo ma le aree sono così tante che francamente non ne ho trovato il bisogno. L’unica utilità che voglio concedere a questo respawn limitato potrebbe essere l’eliminazione dei nemici in quegli occasionali percorsi un po’ tortuosi che conducono dall’ultimo falò al boss di sorta (in modo da evitare di subire colpi o peggio ancora di dover utilizzare una fiaschetta estus prima dello scontro).


Dicevo che le aree sono tante ed in effetti è così: questo è senza dubbio il Souls con il mondo di gioco più vasto della serie! Armatevi quindi di santa pazienza perché tra boss principali e opzionali, quest principali, secondarie e nascoste e DLC ne avrete davvero per parecchie ore! E vi raccomando di non trascurare i DLC perché a mio giudizio sono la parte più ispirata dell’intero gioco (forse che i DLC siano stati programmati direttamente dal Maestro?). In effetti sono poche le scene memorabili durante le tantissime ore di gioco che vi condurranno al finale invero poco memorabile. Gli avversari comuni sono piuttosto ripetitivi e non sono assolutamente convincenti nelle movenze. Per non parlare dei boss che sono nella maggior parte dei casi poco ispirati, di ridotte dimensioni e complessivamente facili da abbattere (parata/schivata > colpo > parata/schivata > colpo…). Alla lunga l’estrema prolissità del tutto  mi ha stancato e ho abbandonato il gioco subito dopo il finale alternativo scritto apposta per la versione per PS4/XOne (Scholar Of The First Sin).

 

Manca insomma o, almeno, risulta molto annacquato il vero fascino dei giochi di Miyazaki, in particolare quella commistione tra sacro e profano che rendono uniche le sue opere. Manca quella incombente mostruosità inquietante ma al contempo affascinante tipica dei Souls originali. Insomma, è un vero Souls nelle meccaniche ma molto meno nei contenuti. "No lore, no party" mi verrebbe da dire...

 

Voto 8.25

Il nostromo


sabato 5 marzo 2022

BLOODBORNE, PS4

 


LA PRIMA VOLTA NON SI SCORDA MAI...


Ospitiamo sul blog mio fratello Mauro (nome d’arte videoludico “Malachìa”) che si è cimentato per la prima volta in un “Souls”, ovverosia Bloodborne, la prima vera killer-application di PS4, console ormai a fine ciclo (anche se in realtà, al momento, di vere esclusive per PS5 non ce ne sono) ma che come vedete può attrarre ancora giocatori cross-gen (ieri in un negozio di videogiochi ho assistito in diretta all’acquisto di una PS4 nuova di zecca!). Ovviamente è stato un bagno di sangue…

 


Titoli di coda su Bloodborne (24/06/2021 - 19/02/2022; 112 ore in totale, DLC incluso,

tutti i boss sconfitti a parte quello stronzo di Laurence il primo Vicario; completato al 74%).


Ho sempre avuto un grosso timore reverenziale per i giochi Fromsoftware e ci ho messo un po’ per entrare nel mood di Bloodborne (l’ho installato e disinstallato più volte, scoraggiato dai primi minuti in cui la scritta You Die appare implacabile e ripetutamente ad ogni minimo errore).


Eppure a poco a poco è un gioco che mi ha conquistato e che si è rivelato essere assieme a The Witcher 3 il più bello a cui ho giocato su PS4 e uno a cui ho dedicato molto tempo. E non parlo solo di tempo di gioco! La storia di Bloodborne, che parte come un racconto gotico di lupi mannari per diventare con un incredibile colpo di scena a metà gioco un horror cosmico di stampo Lovecraftiano, raccontata in modo criptico attraverso le descrizioni degli oggetti di gioco e pochi dialoghi e cut scene enigmatiche, mi ha preso così tanto che ho speso non poco tempo su podcast e guide per scoprirne interpretazioni e segreti.


Insomma Bloodborne è diventato presto un’ossessione e giustifica tutto l’hype per i giochi Fromsoftware: per me c’è un prima e un dopo Bloodborne e non vedo l’ora di cominciare Dark Souls o mettere le mani su Elder Ring. Certo il gioco è difficile ma è anche corretto: raramente mi son sentito messo di fronte a sfide impossibili e raramente ho provato in altri giochi la soddisfazione che si prova qui nello sconfiggere un boss a prima vista invincibile o nel trovare la scorciatoia che rende un intero livello una passeggiata. E l’atmosfera e la tensione provate per l’intero gioco sono uniche.


Due note: il modo di raccontare la storia è unico ed è parte integrante dell’atmosfera di gioco. Certo qualche indizio o un po’ di linearità in più non avrebbe guastato (complimenti a chi per primo ha capito senza guide o soluzioni quel che bisogna fare per arrivare al terzo finale!). Magari gli NPC chiave per qualche quest facciamoli invulnerabili… Ho saltato due quest importanti perché ho ucciso due NPC sul colpo senza nessun indizio che mi dicesse che ci dovevo parlare invece che farli fuori subito!


Malachìa

martedì 16 novembre 2021

NIER REPLICANT, PS4

 



"VECCHIO LIBRO SCOLASTICO"


Titoli di coda su Nier Replicant, versione rimasterizzata di NieR, uscito nel lontano 2010 per PS3/XBox 360, uno spin-off di Drakengard, titolo a sua volta pubblicato per la prima volta su PS2. Il direttore del gioco è quel genio di Yoko Taro che tanto abbiamo apprezzato nell’ideazione del seguito di NieR, cioè NieR Automata, uno dei giochi più affascinanti di questa generazione videoludica. Purtroppo, approcciarsi a questo gioco dopo aver terminato NieR Automata, ha inficiato non poco sul suo giudizio complessivo in quanto Replicant sembra semplicemente una versione embrionale di Automata.

La prima cosa che salta all’occhio è la qualità grafica che sfiora appena la sufficienza. Non troverete certo soddisfazione nell’attraversare le solite 4-5 macroaree del gioco caratterizzate da paesaggi poco definiti e con interazione pressoché nulla con il fondale di gioco. Inoltre l’ingresso o l’uscita da queste aree così come in particolari strutture contenute in esse (come ad esempio la Biblioteca, la villa di Emil, etc) necessitano di caricamenti che alla lunga risultano essere particolarmente frustranti. Inoltre le missioni secondarie risultano essere molto ripetitive e ti spingono a spostarti in maniera compulsiva da un punto all’altro della mappa del gioco a raccattare oggetti da consegnare all’NPC di turno, ampliando il senso di sconforto determinato dai caricamenti ripetuti.

Il battle system è assolutamente basico e consta di schivata, parata, attacco leggero e attacco magico, quest’ultimo grazie all’ausilio di Grimoire Weiss, un tomo che volteggia alle spalle del protagonista un po’ come i POD di NieR Automata. Le combinazioni dei colpi non sono così variegate e francamente non c’è da stare molto a preoccuparsi di parare e contrattaccare tanto i nemici (almeno alla  difficoltà “normale” alla quale ho giocato) vengon giù come birilli… C’è da dire però che venivo da 8 mesi di Dark Souls Saga è qualcosa vorrà pur dire…

Insomma, date le premesse, ero pronto a massacrare il gioco con un voto prossimo a un 7 risicato e invece esso si è clamorosamente "aperto" una volta completato! Ebbene sì: il bello del gioco inizia quando lo finisci per la prima volta. Infatti da lì partirà nuovamente la storia ma questa volta, vista dall’ottica dei nemici con possibilità di ottenere ulteriori quattro finali! (l’ultimo aggiunto appositamente per questa versione rimasterizzata). In questo modo verranno approfondite le personalità dei protagonisti: scopriremo l’origine di Emil che sarà il boss segreto di NieR Replicant; scopriremo la personalità di Kainè, sicuramente il personaggio più caratterizzato e controverso del gioco. Scopriremo che c’è del buono laddove avevamo sempre visto il male (e viceversa). Scopriremo un mondo sull’orlo dell’annientamento dove i nemici, cioè le ombre (in realtà le anime degli esseri umani che hanno contratto un morbo misterioso) per sopravvivere, devono essere trasposti in altri "involucri" (cioè corpi di persone ancora sane). E quando a un certo punto del gioco (tra il secondo e il terzo finale) ti rendi conto che stai falciando ombre di piccole dimensioni che si muovono a gattoni e “droppano” vecchi libri scolastici o album da colorare, un senso di autentica tristezza di prende il cuore. Insomma, ennesima dimostrazione in cui il contenuto vince sul contenitore ed eleva il gioco a opera narrativa!

Un ultimo doveroso apprezzamento alla colonna sonora che va a diversificarsi in base alle diverse macroaree e ai boss, davvero superlativa. Peccato che la prima stampa sia economicamente inarrivabile… 

In conclusioni, un gioco che sente pesantemente dal punto di vista tecnico il peso degli anni ma che per contenuti è di grande attualità. 
 
Voto 8
 
Il nostromo

 
E adesso, come promesso, sotto con Dark Souls 2, in attesa di Elden Ring!
 
 
 

venerdì 10 settembre 2021

DARK SOULS REMASTERED, PS4

 



LA PERLA NERA DI MIYAZAKI


Titoli di coda su Dark Souls, il capostipite della leggendaria trilogia targata From Software, uscito su PS3 esattamente un decennio fa e cioè nel lontano 2011 e rimasterizzato per PS4 nel 2018. Dopo aver completato il terzo capitolo della serie ho deciso di restare nel “mood soulsiano” e di cimentarmi con questo gioco, descritto come uno dei più difficili dell’opera Miyazakiana. E in effetti devo constatare che l’impegno richiesto è stato sicuramente maggiore rispetto al terzo capitolo, non tanto per l’aggressività dei nemici quanto per la complessità del level design, a tratti assolutamente labirintico e disorientante! In linea di massima, il percorso in Dark Souls 3 è risultato essere molto lineare; qui invece viene data molta libertà di scelta al giocatore tant’è che potrete perlustrare da subito aree assolutamente proibitive per un personaggio sottopotenziato come sarete all’inizio del viaggio (provate a cimentarvi con le Catacombe, immediatamente disponibili dopo aver sbloccato il Santuario del Vincolo e capirete di cosa sto parlando). Il consiglio è pertanto quello di seguire il percorso in qualche modo “suggerito” dal programmatore che, a partire dalla seconda campana, porta a sbloccare la Fortezza di Sen (altra zona incubo, piena zeppa di trabocchetti allucinanti!) per poi raggiungere la leggendaria Anor Londo. Una volta sconfitto il boss di quest’area (sicuramente il più ostico del gioco) avrete un personaggio in grado di affrontare le successive aree che condurranno ai boss necessari per l’ottenimento delle anime da donare al Ricettacolo del Lord in modo da sbloccare la Fornace della Prima Fiamma ove si terrà lo scontro col boss finale. Ecco, per quanto riguarda i boss, devo dire che non li ho trovati particolarmente ispirati (forse per il più basso livello grafico) e neanche così difficili da battere. In effetti rispetto a Bloodborne o a Dark Souls 3, è stato sicuramente più arduo il percorso per raggiungere il boss che lo scontro col boss stesso. E infatti ho maledetto le volte che mi son perso nelle Profondità o che sono stato avvelenato (o, appunto, maledetto…) nella Città Infame o che son caduto nelle trappole della Fortezza di Sen mentre raramente ho imprecato contro un boss. C’è anche da dire che dopo aver completato Bloodborne e Dark Souls 3, una certa padronanza delle meccaniche del gioco le hai acquisite o comunque dai per scontato che “morire” sia l’evento più frequente del gioco, per cui, in qualche modo, affronti il tutto con molta più consapevolezza e leggerezza…

 

Anche in questo caso si è trattato pertanto di un viaggio arduo ma sempre estremamente affascinante. Il level design è qui ai massimi livelli se considerate che pressoché il 100% delle aree sono interconnesse. La resa grafica legata alla rimasterizzazione è sicuramente di ottimo livello anche se per l’ennesima volta appagherete i vostri sensi con il gameplay piuttosto che con la risoluzione grafica… Ho trascorso 4 mesi (ebbene sì il mio tempo di gioco è sempre quello per i souls…) a girovagare tra castelli, fortezze e chiese popolate da ogni possibile abominio, calcolando la lunghezza del passo da compiere (vedi Tomba dei Giganti in cui vi muoverete al buio!!), indossando la più idonea combinazione di armature e anelli (Città Infame, ad alto tasso di velenosità!), ripetendo lo stesso percorso decine di volte anche soltanto per farmare  qualche anima in più per salire di livello e avere più possibilità di sopravvivenza. Ho sconfitto tutti i boss principali e opzionali, compresi quelli dei DLC (vi segnalo a proposito una delle storie videoludiche più belle, quella del Cavaliere Artorias e del fido lupo Sif!) senza mai evocare NPG in aiuto o giocatori online, eccezion fatta per il boss di Anor Londo (che poi sono due, Ornstein e Smough), davvero proibitivo/i… La soddisfazione più grande è stata quella di sconfiggere il Drago Nero Kalameet che, come spesso succede, sembrava imbattibile al primo incontro e invece è caduto pure lui dopo neanche troppo tentativi! (In Dark Souls 3 invece ho dovuto cedere soltanto di fronte al drago Midir, il boss facoltativo del DLC The Ringed City, impossibile anche in co-op!!). Ho completato le quest di Solaire di Astora (salvandolo da morte certa in quel di Izalith), personaggio di spicco nella serie e del simpaticissimo cavaliere cipolla Siegmeyer Di Caterina, sempre pronto a battersi al nostro fianco (lo vedrete ahimè soccombere “forse” definitivamente nel terzo episodio, nella battaglia contro Yhorm il Gigante). Insomma, il viaggio è stato arduo ma, come al solito, ne è valsa la pena! Suggerisco caldamente a tutti di provare almeno una volta questa esperienza videoludica per apprezzarne tutti i risvolti più oscuri; il termine oscuro è relativo al fatto che la trama (o lore) non è mai spiegata ma “sottintesa”. Qualsiasi scelta farete (ad esempio uccidere o meno un NPC o più semplicemente rispondergli affermativamente piuttosto che negativamente) si ripercuoterà inevitabilmente sul completamento o meno di una subquest e, eventualmente, sul tipo di finale (questo in realtà vale solo per Bloodborne). Ma le gratificazioni che riceverete dopo aver superato un ostacolo apparentemente insormontabile sono inimmaginabili. Difficilmente riuscirete a farne a meno e gli altri giochi vi sembreranno “limitati” o semplicemente “giochi”. Un plauso infine alla colonna sonora, al solito di grande impatto emotivo. Ho trovato tuttavia più ipnotica quella di Dark Souls 3. Ho ovviamente acquistato il vinile per completezza.

 

In conclusione trovo che Dark Souls sia complessivamente migliore di Dark Souls 3 e se lo avessi giocato prima, probabilmente avrei apprezzato maggiormente numerose citazioni e riferimenti presenti nel capitolo finale della trilogia.

 

Sono stato tentato di completare di filata la trilogia ma ho desistito per rivolgermi a qualcosa di più rilassante. Inizierò pertanto NieR Replicant per poi dedicarmi a Dark Souls 2. Dovrei finirlo giusto in tempo per l’uscita della prossima opera di Miyazaki, The Elden Ring!

 

Voto 9.5

Il nostromo

 

domenica 18 aprile 2021

DARK SOULS 3, PS4

 


"TU SEI L'ELETTO, NEO..."


Titoli di coda su Dark Souls 3, conclusivo titolo di From Software della trilogia iniziata nel 2011 con l’omonimo primo capitolo, purtroppo mai giocato dal sottoscritto (un vero peccato perché pare che in questo terzo capitolo siano numerosi i riferimenti). Il fascino che suscitano in me queste opere (perché di opere si tratta) sono tali da avermi spinto ad acquistarle tutte (compreso Demon’s Souls, il capostipite della serie) magari anche in edizione limitata ma ahimè ho sempre desistito dal giocarci fino al giorno in cui è stato pubblicato Bloodborne su PS4 che ho platinato come dedica all’indimenticabile Capitano!

 

Innanzitutto voglio precisare che questa recensione non sostituisce ma integra quella del “Messia” pubblicata su questo blog nel 2016. Diciamo che vuole essere la dimostrazione che anche giocatori “normali” possono portare a termine questo tipo di esperienza videoludica. 

 

Partiamo dal titolo della recensione. Vi ricordate il film Matrix? Ebbene, dopo aver sconfitto il Signore dei Tizzoni vi sentirete così! Dopo una decina di tentativi andati a vuoto per sconfiggerlo, avendo appreso il move set dell’avversario ed utilizzato la build adatta allo scontro, ero in grado di anticipare le sue mosse ed è come se lo vedessi muoversi al rallentatore, come nella sequenza finale del film! Ovviamente al primo incontro l’avversario mi era sembrato una montagna invalicabile!! Questa è la bellezza dei souls! L’appagamento che ti da questo genere di vittorie è davvero il giusto riconoscimento per le tante fatiche. Nulla è impossibile per nessuno, credetemi. Per affrontare questo genere di giochi (a meno che tu sia il Messia) è semplicemente necessario avere tanto tempo da dedicarvi in esclusiva ma prima o poi arrivi al finale. Devi accettare di farti condurre da Miyazaki nel suo mondo distorto dominato da sangue, veleno, magia e... morte. Lo potremmo definire un “Trial & Error” all’ennesima potenza ambientato in un fantastico mondo dark fantasy. Non ce ne vogliano i fans di Sonic o Crash Bandicoot ma qui si parla d’altro... Non ci scorderemo mai di dirlo: i Souls sono la quintessenza del gameplay! Qui è di importanza vitale dosare la stamina, ponderare i tempi della parata e dell’attacco, saper scegliere se sia meglio la parata o la capriola, se essere aggressivi o difensivi, se equipaggiare la spada lunga o corta, se andare avanti o darsela a gambe levate e queste scelte non sono da farsi solo una volta per tutte ma in moltissimi frangenti del gioco per cui devi anche essere in grado di mutare strategia, se necessario.

 

Partendo da questi presupposti sembrerebbe quasi che il gioco non abbia punti deboli ma non è così. Il primo difetto è quello che io definisco “effetto presepe”: ogni volta che morirete ritroverete tutti gli avversari posizionati nello stesso posto in cui li avevate visti all’ingresso dell’area di gioco. Miyazaki in Bloodborne aveva cercato di ovviare a questo problema con i “livelli procedurali” dei Chalice Dungeons, vi ricordate? Devo dire che il risultato non fu strabiliante anzi, personalmente, mi aveva un po’ stranito... E poi, diciamocela tutta: il presepe ha sempre il suo fascino, no?

Altri aspetti negativi anche se ormai sostanzialmente innati alla serie sono le solite compenetrazioni poligonali, l’effetto “rag doll” dei nemici uccisi, un funzionamento “non proprio ottimale” della telecamera contro avversari particolarmente corpulenti (un esempio su tutti è la boss-fight col Re Senza Nome, nella prima fase in cui si affronta il drago, assolutamente impossibile da inquadrare!). Tuttavia questi storici peccatucci della serie, non andranno minimamente a inficiare la perfezione delle meccaniche di gioco e nella stragrande maggioranza dei casi, se perirete, sarà per colpa vostra e non di un fastidiosissimo bug. Ma al solito, accetterete l’evento e vi rialzerete più forti di prima, statene certi!

 

Si apre così il capitolo della famigerata difficoltà del gioco. L’unico mio termine di paragone è Bloodborne che per me è stato un vero e proprio bagno di sangue (nel verso senso della parola); ebbene, a conti fatti, Dark Souls 3 mi ha dato molti meno problemi. In particolare ho trovato i boss di Bloodborne molto più difficili da affrontare, con qualche eccezione ovviamente. Ma probabilmente la vera differenza sta nel fatto che allora si trattava della mia prima esperienza con un “souls” mentre adesso certe meccaniche le avevo acquisite per cui spesso sapevo cosa aspettarmi. Inoltre spesso è stato possibile evocare NPC incontrati in precedenza (cosa che in Bloodborne non credo fosse possibile) che in verità danno una grossa mano in questi momenti topici. Perciò il suggerimento è quello di sviscerare tutto lo sviscerabile ed esplorare il mondo di gioco il più possibile prima di affrontare il boss di turno per raccattare più amici possibili. In ultima istanza c’è, come al solito, la possibilità di evocare qualche gamer online a darvi una mano se proprio l’avversario dovesse risultare insormontabile (io, lo ammetto, ho chiesto un aiuto contro il Re Senza Nome...) A proposito, nonostante il gioco abbia quasi 5 anni, la community mi è parsa ancora abbastanza vivace tant’è che spesso ho subito anche “invasioni” da parte di altri utenti online!

 

Entrando appunto nel discorso boss, li ho trovati tutti orribilmente concepiti (è chiaramente un complimento) e quasi tutti magnificamente disegnati! Un esempio su tutti: quando ho affrontato per la prima volta i Diaconi delle Profondità con tanto di organo di sottofondo, mi stavo commuovendo per la genialità della scena. E’ questa incredibile commistione mostruosa tra sacro e profano il vero punto di forza del lore di Dark Souls. Il tutto è sempre avvolto da un’aura mistica e misteriosa estremamente affascinante. 

 

Per quanto riguarda l’aspetto grafico, c’è stato un netto miglioramento rispetto ai precedenti capitoli come del resto era logico aspettarsi (DS 1 e 2 sono usciti su PS3). In linea di massima, come già osservato in Bloodborne, ho trovato molto più ispirate le aree di gioco ambientate nei castelli, nelle chiese e nei dungeon (la prigione di Irithyll è a dir poco claustrofobica) mentre le zone all’aperto sono risultate ancora una volta molto meno evocative. Certo che alcuni scorci con rovine fatiscenti illuminate da eclissi solari sono state da brividi. Così come la scalinata in marmo bianco di Anor Londo è fantastica e posso immaginare l’emozione che abbia suscitato in chi già l’avesse apprezzata nel primo episodio!

 

Dulcis in fundo, la colonna sonora del gioco: assolutamente epica ed evocativa. Ogni boss ha il suo pezzo dedicato così come le varie aree “statiche”. Quella dell’altare del vincolo è assolutamente ipnotica e rilassante ed infatti è l’unica zona del gioco in cui non puoi essere attaccato). Ovviamente, anche in questo caso ho comprato il disco in vinile da inserire nella mia collezione.

 

In conclusione non posso parlare di “degna conclusione della trilogia” non avendo giocato gli altri due capitoli ma posso tranquillamente raccomandarvi questo titolo alla stregua di Bloodborne come esperienza videoludica da provare almeno una volta nella vita. Rispetto a Bloodborne mi è sembrato decisamente più “morbido” per cui credo che anche i più timorosi come me o i neofiti del genere possano provare a cimentarsi con un Souls-like a partire da questo capitolo.

 

E ricordate: “Come ogni buona cenere, sempre alla ricerca del fuoco...” (sorella Friede, dal DLC “Ashes Of Ariendel”)

 

Voto 9.25

Il nostromo

 

 

martedì 8 dicembre 2020

GHOST OF TSUSHIMA, PS4

 


VA DOVE TI PORTA... IL VENTO


Titoli di coda per Ghost Of Tsushima, ultima produzione degli americani Sucker Punch, quelli della serie Sly Cooper e Infamous, per intenderci. Il titolo, che peraltro sarà per il sottoscritto l’ultimo gioco dell'attuale generazione (tra i titoli ancora in lavorazione in effetti mi interessa anche NieR Replicant, in uscita per aprile 2021 ma è un remake di un gioco del 2010 mentre eviterei volentieri Cyberpunk 2077...) mi ha favorevolmente stupito! Probabilmente sono influenzato dal fatto che il Giappone con tutto il suo immaginario mi ha da sempre affascinato ma sicuramente questo gioco ha svariate frecce al proprio arco che vado ad elencarvi.

Innanzitutto graficamente è stupendo. Tralasciando la ripetitività degli ambienti interni (capanne dei mongoli, abitazioni dei contadini giapponesi, templi vari...) la natura dell’isola di Tsushima è riprodotta in maniera sublime con una palette cromatica di un livello mai visto su console. A mano a mano che libereremo l’isola di Tsushima partendo dal sud ci troveremo a vivere scenari paesaggistici con una bellezza da realtà virtuale, passando da stagioni primaverili/estive (al sud) a autunnali/invernali (centro/nord) per cui viaggeremo da immensi campi pieni di fioriture coloratissime a stupende lande innevate. Ma la vitalità verrà offerta dal vento, il vero protagonista del gioco. Infatti scorrendo il dito verso l’alto sul touch pad, una forte brezza andrà a scuotere il manto vegetale che sta dinnanzi a noi indicandoci la direzione da seguire e soprattutto rendendolo assolutamente vivo! Posso dire chiaramente che ci troviamo di fronte al “miglior vento mai visto su console” anche se a scrivere queste cose mi viene un po’ da ridere... A parte l’aspetto puramente visivo, anche il comparto audio è di ottima fattura potendo vantare una colonna sonora a tratti davvero epica. Ah, vi raccomando peraltro l'audio in Giapponese per un'esperienza sicuramente più immersiva.


Altro aspetto positivo del gioco è che è divertente, sarà banale ma è così. Le numerose ore dedicate sono trascorse con grande leggerezza (a differenza ad esempio di The Last Of Us 2... A tale proposito segnalo che proprio per questo motivo quest’ultimo gioco ha perso il terzo posto sul podio, che cederei a God Of War) e vi troverete ad affrontare una quest secondaria dopo l’altra senza neanche accorgervene. Sotto questo aspetto lo avvicino molto a Spiderman e infatti il voto finale sarà simile. 


Passando agli aspetti negativi, ho trovato le meccaniche di combattimento un po’ troppo semplicistiche. L’intelligenza artificiale dei nemici è a dir poco ridicola e le morti del protagonista si conteranno sulle punta delle dita (almeno a difficoltà normale). Sotto questo aspetto lo avvicino invece ad Assassin’s Creed, il titolo a cui sicuramente più di ogni altro questo gioco si ispira. E in effetti, proprio per i motivi sopracitati, vi ritroverete già alla fine del primo terzo del gioco (liberazione della regione sud di Tsushima) con un livello del personaggio tale da poter affrontare quasi spensieratamente qualsiasi tipo di nemico vi si pari davanti... 


Altro aspetto negativo riguarda la trama nel senso che la narrazione che precede il finale è molto più intrigante rispetto allo spiegamento degli atti finali stessi. In sostanza si ha sempre l'impressione che il contenitore prevarichi nettamente sul contenuto. E a nulla è valso l'inserimento del marchio di fabbrica degli sviluppatori, ovverosia le scelte (decisione buona vs decisione cattiva) in occasione dei dialoghi. Infatti non hanno alcun impatto sullo svolgimento della trama purtroppo... 

 

Pertanto, se amate il Giappone feudale dei samurai, i giochi di azione in terza persona (e siete stanchi dell’offerta Ubisoft...) e se non volete essere frustrati da livelli di difficoltà da hardcore gamer, questo gioco potrebbe riservarvi delle belle soddisfazioni! 

 

Voto 9

 

Il nostromo

 

martedì 13 ottobre 2020

THE LAST OF US PART II, PS4


SANGUE E SPORE


Titoli di coda per The Last Of Us 2, come al solito, il canto del cigno di questa generazione di console come già lo era stato il primo capitolo per quella passata. Un gioco perfetto? Scopriamolo in questa breve recensione!

La cosa che più mi ha colpito di questo gioco e che gli ha fatto raggiungere il terzo gradino del podio per quanto riguarda i miei titoli preferiti dell’attuale generazione (a pari merito con God Of War), è la sceneggiatura. In un mondo messo sottosopra da un’infezione in grado di trasformare gli esseri umani in zombie, un uomo (Joel) decide di salvare una ragazzina (Ellie) da una sperimentazione per la realizzazione di un vaccino che si stava testando sul suo corpo, incredibilmente resistente al contagio ma che probabilmente ne avrebbe decretato il decesso. Tutta la trama si svolge sulla difficile scelta della protagonista Ellie tra il perdono nei confronti dell’anziano amico Joel (“mi hai salvato ma avrei dovuto morire per salvare l’umanità!”) e la vendetta nei confronti dell’assassina dello stesso, di nome Abby (che poi sarebbe la figlia del medico che stava compiendo l’esperimento sul corpo di Ellie e che è stato ucciso da Joel). Particolarmente cruenta la scena dell’uccisione di Joel ad opera di Abby anche perché avviene nelle prime fasi di gioco, inaspettatamente e a discapito del protagonista del primo capitolo! Insomma, una scena abbastanza destabilizzante.
 
Già da queste premesse si intuisce come la cattiveria umana sia superiore a quella degli infetti che se non altro, senza alcun raziocinio o secondi fini, si comportano sempre nella stessa maniera... A tale riguardo muovo un appunto alla famigerata I.A. di questo titolo, in realtà meno brillante di quella del primo, a sua volta seconda sola a quella di Killzone 3, irraggiungibile! Insomma come ho già anticipato, saranno più cruente le scene che vedranno coinvolti gli umani (ci ritroveremo nel bel mezzo di una vera e propria guerriglia urbana tra due fazioni avverse, i Lupi e i Serafiti o Iene, per il controllo della città di Seattle) rispetto a quelle che coinvolgeranno gli infetti, i quali sono rappresentati dai soliti Clicker, dai Runner e dai nuovi arrivati Stalker e Shambler, questi ultimi dei veri e propri miniboss! Il senso di ribrezzo che emanano queste oscenità, soprattutto quando si viene afferrati, è indescrivibile. Si viene quindi trasportati in un mondo angosciante, claustrofobico, spaventoso, buio dove la forza bruta e il cinismo saranno protagonisti. E’ un gioco “crudo” nel vero senso del termine e le amputazioni si sprecheranno, non scherzo. Vi dico solo che il paragone che mi è venuto spesso in mente è stato con il film “Gangs Of New York” di Martin Scorsese! Gli unici sprazzi di sentimentalismo sono quelli tra Joel e Ellie (sempre vivo il ricordo del “padre adottivo” nel cuore della protagonista), tra Abby e Tommy (un affiliato dei Lupi che è innamorato di Abbie, la co-protagonista) e tra Ellie e Dina (che incarnano una delle poche relazioni omosessuali della storia dei videogiochi!). Ma a parte questi momenti di romanticismo, a farla da padrone saranno gli scontri contro Lupi e Serafiti (Ellie sarà dotata di un vasto arsenale di armi) e i combattimenti molto più “stealth” contro gli infetti. Non sarà insomma l’amore il leitmotive del gioco ma il sentimento di vendetta, una vendetta bagnata dal sangue. E sarà il perdono, la luce che aprirà uno squarcio nelle tenebre, a riportare alla fine un po’ di umanità in questo mondo mostruoso e degenerato. Amerete la protagonista Ellie, la odierete (per la prima volta in un gioco ho desiderato, a tratti, il decesso del protagonista che in una scena del gioco sembrerà una vera e propria strega!) e la adorerete ancora alla fine. Lo stesso dicasi per Abby anche se il suo percorso emotivo sarà molto più lineare. 
 
Per quanto riguarda l’aspetto tecnico siamo ovviamente al top di categoria con livelli di dettaglio incredibili. La longevità è sicuramente uno degli aspetti migliori del gioco. Per concludere l’intera avventura raccogliendo il 38% dei trofei ho impiegato ben 35 ore e stiamo parlando di un gioco denso di contenuti, senza diluizione di trama o necessità di backtracking, per cui tanta roba assolutamente! A mio giudizio si ha tuttavia ancora una volta la sensazione di trovarsi all’interno di un percorso obbligato, nonostante la vastità e la ramificazione degli ambienti di gioco sia in senso orizzontale che verticale. Insomma, a me dispiace dirlo, ma continuo a vedere nei giochi Naughty Dogs la continua riproduzione di un Crash Bandicoot iperpompato! 
 
 
Voto 9.25
Il nostromo